Dal nostro Editoriale:
Tra venti di guerra, il ruolo dell’individuo nella storia
La catastrofe della guerra ha segnato in modo indelebile il secolo scorso.
Qualcuno ritenne di poter affermare, portandola alle conseguenze più estreme, una errata idea secondo cui la vita, l’uomo, la umanità intera, non avesse valore per sé e per la sua intima natura. Valesse, piuttosto, il fine, lo scopo, la volontà, di gruppi dominanti, presi e condizionati dall’esasperato egoismo di sopraffazione delle libere esigenze ed aspettative di ogni singolo individuo. Questo singolo individuo, inserito in contesti superiori nei quali sembra svanire, costituiti dalle comunità di riferimento, dalla società, dallo Stato, dalla storia, insomma dalla sua stessa vita, perdeva la potenza di forza motrice per essere ridotto a mera passività. Come un pezzo di argilla da riformare e dirigere a piacimento. Non più soggetto primo di un mondo plurimillenario a sua disposizione, ma ospite marginalizzato ed asservito ad un potere momentaneo e perciò effimero e sempre più lontano dalle reali esigenze dell’individuo.
Un potere concentrato solo nell’acquisizione di un consenso strumentale, falsamente popolare e ben lontano dall’individuo, ridotto ad elemento superfluo e da asservire. Finanche da sopprimere.
Nonostante il rischio sempre attuale del ripetersi di certe idee della vita, il rimanere inerti perdendo la forza propulsiva nella società favorisce l’emersione di falsi miti. La soluzione per il destino dell’umanità sta nella riscoperta del valore dell’individuo in sé e del suo ruolo nella costruzione della storia.
In questo contesto preferiamo l’espressione individuo a quelle più generiche di uomo o persona o soggetto, perché richiama il valore del singolo, di chiunque, nessuno escluso, di ognuno, con la sua intimità ed irrepetibilità, quale attivo protagonista delle vicende concrete della vita storica, come sperimentate in ogni momento della esperienza costruita attraverso l’azione operosa.
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